martedì 1 aprile 2014

Il Commentario all'Esodo di Claudiana. Un testo ancora molto attuale


Lunedì Letterario del 24 marzo 2014
 Terence E. Fretheim, 
Esodo, Torino Claudiana, 2004
(Stefano Molino)
 
Il commentario al libro dell’Esodo di Terence E. Fretheim risulta molto interessante per il mondo evangelico italiano per diverse ragioni, non da ultima la scarsità di commentari sul secondo libro della Torah in lingua italiana, soprattutto da parte evangelica. Questo basta per dire che benché tradotto nel 2004, e scritto in inglese nel 1991, rimane un testo ancora molto attuale.
Non si tratta di un commentario esegetico che analizza i 40 capitoli del libro dell’Esodo versetto per versetto, come fanno ad esempio gli ottimi commentari della serie NICOT, ma di un commentario che preferisce cogliere tra i capitoli del libro una serie di temi significativi portanti, delle simmetrie ed una struttura d’insieme, molto utile per una percezione globale del libro dell’Esodo. Chi è quindi impegnato nell’esegesi di singole porzioni del testo troverà alcune idee interessanti, in diversi casi un aiuto o una proposta per una certa interpretazione, ma non sempre un’esegesi rigorosa ed argomentata in grado di risolvere tensioni e problematiche inerenti a specifici passi o versetti; risulterà invece uno strumento estremamente valido per chi volesse predicare sull’Esodo, in quanto fornisce una serie di idee, di spunti di riflessioni e di attualizzazioni adatte a nutrire i sermoni di riflessioni originali, ben documentate e pertinenti. Si potrebbe addirittura dire che i diversi capitoli in cui è suddiviso il libro somigliano spesso a delle predicazioni che individuano alcune idee forza portanti delle porzioni testuali, e che individuano bene lo spirito profondo del testo.
L’autore individua quindi nove sezioni nel libro dell’Esodo che colgono i momenti fondamentali dello sviluppo del libro. La prima sezione, dal titolo: “Crescita e schiavitù in Egitto”, parte dalla costatazione della realizzazione delle promesse della Genesi e dalla scoperta che i figli di Israele sono diventati popolo di Dio, che attraverso la figura di Mosè acquisiscono la consapevolezza di questa nuova dimensione. La seconda parte – Mosè e Dio, vocazione e dialogo – è concentrata sulla figura di Mosè e sulla sua progressiva accettazione della sua missione nel suo confrontarsi col faraone e con il popolo stesso. La terza parte è interamente consacrata alle piaghe, alla simbologia che esse nascondono, e rispetto alle quali una certa attenzione è data anche alle implicazioni ambientali ed ecologiche che potrebbero aver anche oggi. La quarta parte è dedicata alla Pasqua e alle ripercussioni che il rito ha sul popolo, termini di culto, memoria ed etica, e sulle nazioni circostanti. La quinta parte riguarda il deserto e le peregrinazioni del popolo paragonato ad un adolescente che in questa esperienza si forma essendo messo alla prova da Dio, fino all’esperienza trasformante e riformante della ricezione della legge. Viene sottolineato nella sesta parte, dedicata alla legge, come il testo dell’Esodo presenta un forte intreccio di materiale narrativo e materiale giuridico proprio per indicare la forte compenetrazione tra i due, e la presenza della legge di Dio nella vita stessa del popolo. Il tabernacolo infine, occupante quasi un terzo dello spazio testuale del libro dell’Esodo è oggetto della settima e della nota parte, interrotte dall’ultima sezione narrativa sulla caduta e restaurazione di Israele – ottava parte.
Trasversalmente alla suddivisione in parti è possibile apprezzare alcune caratteristiche del commentario che ricorrono nel comento dei singoli capitoli: l’autore si preoccupa di fornire frequenti rimandi al nuovo testamento e alla figura di Gesù, nuovo Mosè, la cui vita vede numerosi riferimenti all’Esodo, presentando quindi sia la lettura pre-cristiana del libro, che quella cristiana. Molto sentito e forte è il tema della fedeltà del popolo, per cui ogni episodio si presenta come un banco di prova della fede nell’unicità del Dio che libera. Ricorre una chiara teologia della creazione che vede fortemente unitari il libro della Genesi e quello dell’Esodo, sia per la realizzazione delle promesse di quello in questo, sia per l’evidenziazione continua del dispiegarsi di forze demoniache contrarie alla creazione, incarnate ad esempio dal faraone, e contrastate dalla fedeltà, dalla legge o dalla presenza divina. Viene sottolineato inoltre il valore del concetto di Esodo come paradigma della liberazione, paradigma tuttora attuale rispetto a regimi oppressivi. L’autore insiste sul senso della legge e sul suo rapporto con il patto stretto con Dio, ed infine sviluppa una riflessione sul rapporto tra liturgia e storia del popolo rispetto ai passi in cui vengono descritti rituali, come quello della Pasqua, o quello della descrizione del tabernacolo.
L’approccio seguito è quello definito canonico, un tipo di approccio che supera senza tuttavia rinnegarlo la posizione storico-critica di studio dei testi. Si riconosce cioè che i testi hanno una storia redazionale spesso intensa, e non sempre chiara, tuttavia ciò a cui si porta attenzione è la forma finale, voluta da un redattore unico, e con questa il lettore fa i conti. Questo approccio, ha indubbiamente numerosi motivi di interesse, e consente di individuare in un testo come l’Esodo simmetrie molto lucide, e parallelismi che nei commentari “versetto per versetto” rischiano di rimanere offuscati; citiamo ad esempio, l’osservazione che mostra come il libro cominci con un popolo di schiavi che edifica palazzi per il faraone e si conclude con un popolo libero che edifica una tenda per YHWH, immagine brillante e capace di una sintesi affatto riduttiva. Tuttavia, nell’ammissione di un grosso lavorio redazionale confluito in una forma finale, rimangono alcuni problemi aperti: in diversi punti del commentario l’autore fa riferimento a molteplici tipi di materiali e tradizioni che sarebbero evidenti dietro i testi, ma non sempre la spiegazione del perché di questo aspetto composito è chiara. Inoltre il fatto di concentrarsi solo sulla forma letteraria di un testo comporta un potenziale scollamento dalla realtà che per testi che hanno, o comunque potrebbero avere agli occhi di molti studiosi, una pretesa di “verità” o comunque di fattualità può risultare problematico. Mancano completamente, ad esempio, riferimenti all’archeologia biblica e a fatti ed episodi storici del mondo a cui l’Esodo è contemporaneo, e l’intera spiegazione gira all’intero di un mondo che rischia di apparire come solo letterario. Si tratta di un problema di cui l’autore è consapevole, giacché dichiara nell’introduzione che il testo “non è una narrazione storica” ma ha preoccupazioni teologiche e kerygmatiche. Questo pone però il problema del senso di una teologia avulsa dalla storia o di una predicazione su fatti il cui statuto di verità sia dubbio.
Fatti questi rilievi, la nostra valutazione globale rimane comunque positiva, ritenendo il commentario un utile strumento per lo studio e soprattutto per la predicazione.
 
Stefano Molino (DiRS-GBU)



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