Lunedì Letterario del 24 marzo 2014
Terence E. Fretheim,
Esodo, Torino
Claudiana, 2004
(Stefano Molino)
Il commentario al libro dell’Esodo di Terence E. Fretheim
risulta molto interessante per il mondo evangelico italiano per diverse
ragioni, non da ultima la scarsità di commentari sul secondo libro della Torah
in lingua italiana, soprattutto da parte evangelica. Questo basta per dire che
benché tradotto nel 2004, e scritto in inglese nel 1991, rimane un testo ancora
molto attuale.
Non si tratta di un commentario esegetico che analizza i 40
capitoli del libro dell’Esodo versetto per versetto, come fanno ad esempio gli
ottimi commentari della serie NICOT, ma di un commentario che preferisce
cogliere tra i capitoli del libro una serie di temi significativi portanti,
delle simmetrie ed una struttura d’insieme, molto utile per una percezione
globale del libro dell’Esodo. Chi è quindi impegnato nell’esegesi di singole porzioni
del testo troverà alcune idee interessanti, in diversi casi un aiuto o una
proposta per una certa interpretazione, ma non sempre un’esegesi rigorosa ed
argomentata in grado di risolvere tensioni e problematiche inerenti a specifici
passi o versetti; risulterà invece uno strumento estremamente valido per chi
volesse predicare sull’Esodo, in quanto fornisce una serie di idee, di spunti
di riflessioni e di attualizzazioni adatte a nutrire i sermoni di riflessioni
originali, ben documentate e pertinenti. Si potrebbe addirittura dire che i
diversi capitoli in cui è suddiviso il libro somigliano spesso a delle
predicazioni che individuano alcune idee forza portanti delle porzioni
testuali, e che individuano bene lo spirito profondo del testo.
L’autore individua quindi nove sezioni nel libro dell’Esodo
che colgono i momenti fondamentali dello sviluppo del libro. La prima sezione,
dal titolo: “Crescita e schiavitù in Egitto”, parte dalla costatazione della
realizzazione delle promesse della Genesi e dalla scoperta che i figli di
Israele sono diventati popolo di Dio, che attraverso la figura di Mosè
acquisiscono la consapevolezza di questa nuova dimensione. La seconda parte –
Mosè e Dio, vocazione e dialogo – è concentrata sulla figura di Mosè e sulla
sua progressiva accettazione della sua missione nel suo confrontarsi col
faraone e con il popolo stesso. La terza parte è interamente consacrata alle
piaghe, alla simbologia che esse nascondono, e rispetto alle quali una certa
attenzione è data anche alle implicazioni ambientali ed ecologiche che
potrebbero aver anche oggi. La quarta parte è dedicata alla Pasqua e alle ripercussioni
che il rito ha sul popolo, termini di culto, memoria ed etica, e sulle nazioni
circostanti. La quinta parte riguarda il deserto e le peregrinazioni del popolo
paragonato ad un adolescente che in questa esperienza si forma essendo messo
alla prova da Dio, fino all’esperienza trasformante e riformante della
ricezione della legge. Viene sottolineato nella sesta parte, dedicata alla
legge, come il testo dell’Esodo presenta un forte intreccio di materiale
narrativo e materiale giuridico proprio per indicare la forte compenetrazione
tra i due, e la presenza della legge di Dio nella vita stessa del popolo. Il
tabernacolo infine, occupante quasi un terzo dello spazio testuale del libro
dell’Esodo è oggetto della settima e della nota parte, interrotte dall’ultima
sezione narrativa sulla caduta e restaurazione di Israele – ottava parte.
Trasversalmente alla suddivisione in parti è possibile
apprezzare alcune caratteristiche del commentario che ricorrono nel comento dei
singoli capitoli: l’autore si preoccupa di fornire frequenti rimandi al nuovo
testamento e alla figura di Gesù, nuovo Mosè, la cui vita vede numerosi
riferimenti all’Esodo, presentando quindi sia la lettura pre-cristiana del
libro, che quella cristiana. Molto sentito e forte è il tema della fedeltà del
popolo, per cui ogni episodio si presenta come un banco di prova della fede
nell’unicità del Dio che libera. Ricorre una chiara teologia della creazione
che vede fortemente unitari il libro della Genesi e quello dell’Esodo, sia per
la realizzazione delle promesse di quello in questo, sia per l’evidenziazione
continua del dispiegarsi di forze demoniache contrarie alla creazione,
incarnate ad esempio dal faraone, e contrastate dalla fedeltà, dalla legge o
dalla presenza divina. Viene sottolineato inoltre il valore del concetto di
Esodo come paradigma della liberazione, paradigma tuttora attuale rispetto a
regimi oppressivi. L’autore insiste sul senso della legge e sul suo rapporto
con il patto stretto con Dio, ed infine sviluppa una riflessione sul rapporto
tra liturgia e storia del popolo rispetto ai passi in cui vengono descritti
rituali, come quello della Pasqua, o quello della descrizione del tabernacolo.
L’approccio seguito è quello definito canonico, un tipo di
approccio che supera senza tuttavia rinnegarlo la posizione storico-critica di
studio dei testi. Si riconosce cioè che i testi hanno una storia redazionale
spesso intensa, e non sempre chiara, tuttavia ciò a cui si porta attenzione è
la forma finale, voluta da un redattore unico, e con questa il lettore fa i
conti. Questo approccio, ha indubbiamente numerosi motivi di interesse, e
consente di individuare in un testo come l’Esodo simmetrie molto lucide, e
parallelismi che nei commentari “versetto per versetto” rischiano di rimanere
offuscati; citiamo ad esempio, l’osservazione che mostra come il libro cominci
con un popolo di schiavi che edifica palazzi per il faraone e si conclude con
un popolo libero che edifica una tenda per YHWH, immagine brillante e capace di
una sintesi affatto riduttiva. Tuttavia, nell’ammissione di un grosso lavorio
redazionale confluito in una forma finale, rimangono alcuni problemi aperti: in
diversi punti del commentario l’autore fa riferimento a molteplici tipi di
materiali e tradizioni che sarebbero evidenti dietro i testi, ma non sempre la
spiegazione del perché di questo aspetto composito è chiara. Inoltre il fatto
di concentrarsi solo sulla forma letteraria di un testo comporta un potenziale
scollamento dalla realtà che per testi che hanno, o comunque potrebbero avere
agli occhi di molti studiosi, una pretesa di “verità” o comunque di fattualità
può risultare problematico. Mancano completamente, ad esempio, riferimenti
all’archeologia biblica e a fatti ed episodi storici del mondo a cui l’Esodo è
contemporaneo, e l’intera spiegazione gira all’intero di un mondo che rischia
di apparire come solo letterario. Si tratta di un problema di cui l’autore è
consapevole, giacché dichiara nell’introduzione che il testo “non è una
narrazione storica” ma ha preoccupazioni teologiche e kerygmatiche. Questo pone
però il problema del senso di una teologia avulsa dalla storia o di una
predicazione su fatti il cui statuto di verità sia dubbio.
Fatti questi rilievi, la nostra valutazione globale rimane
comunque positiva, ritenendo il commentario un utile strumento per lo studio e
soprattutto per la predicazione.
Stefano Molino (DiRS-GBU)
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