Ricercare “storicamente” su Gesù.
Cercare di
tracciare un profilo bibliografico dei libri pubblicati su Gesù e dei tentativi
(molteplici e molto diversi tra loro) che ci sono stati di trattare
“storicamente” le vicende di colui che da molti è considerato il Salvatore e
colui che è venuto a dare speranza a tutta la terra, sarebbe un’impresa ardua e
difficile da gestire. Va detto, inoltre che, dopo una serie di decenni che sono
stati piuttosto silenti sull’argomento, negli ultimi anni il dibattito si è di
nuovo rianimato, portando gli studiosi a parlare di “quarta ricerca sul Gesù
storico”. In genere, gli studiosi italiani non sono tra i protagonisti di
questa ricerca e le motivazioni possono essere molteplici e vanno dal legame
“canonico” con il dogma cattolico a una minore presenza di biblisti sul nostro
territorio. Nonostante il panorama di studi piuttosto esiguo, vi è stata, negli
ultimi anni un’eccezione: quella della figura di Mauro Pesce, studioso “laico”
in quanto siede su una cattedra di storia del cristianesimo all’Università di
Bologna (quindi non in Pontificio Istituto, anche se le sue radici sono nel
mondo cattolico progressista) e che, con la sua consorte, Adriana Destro,
docente di antropologia cultura nello stesso Ateneo, ha cercato di dare una
lettura “laica” delle vicende di Gesù.
Come molti
sanno, Pesce è divenuto noto al grande pubblico quando Corrado Augias l’ha
intervistato su Gesù in quel libro intitolato Inchiesta su Gesù divenuto un best-seller e che, anche in questa
rubrica, noi abbiamo recensito e criticato, soprattutto per la sua
impostazione.
Il
successo editoriale di quest’ultimo libro ha portato lo studioso bolognese a
poter continuare a pubblicare ancora libri con le grandi case editrici
italiane.
Una delle
sue ultime fatiche è La morte di Gesù.
Indagine su un mistero, scritto con Adriana Destro per i tipi di Rizzoli e
che riprende alcune delle tematiche affrontate nell’intervista rilasciata ad
Augias. La metodologia di questo testo, però, è molto differente: Destro e
Pesce dimostrano di essere degli studiosi seri che non hanno intenti
divulgativi, quanto, piuttosto, quello di prospettare un’ipotesi interpretativa
delle vicende di Gesù partendo dalla fine, ovvero dalla sua crocifissione. Gli
AA., infatti, pensano che, per comprendere bene la storia di Gesù, bisogna partire
da quello che (storicamente) è l’ultimo atto: la morte sulla Croce. Tale morte
è vista come un fatto storico e su quest’avvenimento imbastiscono un discorso
che vuole rimanere nella storia, con diversi addentellati con l’indagine
antropologica, vista come necessaria per comprendere, bene quanto accade nella
Palestina di 2000 anni fa.
Dopo
essere partiti dalla fine, è proposta una disamina di alcune delle questioni
fondamentali della vita di Gesù, dando molto spazio alla descrizione
dell’ambiente culturale in cui si sarebbe svolto il suo ministerio e dando
attenzione a quella che fu la “scelta” dei suoi discepoli. Qualche parola è
spesa anche nell’individuazione del messaggio e su come esso potesse essere
ritenuto sovversivo. Ci si sofferma anche sulle diverse affermazioni
evangeliche che “prevedevano” la morte, la morte violenta del personaggio e il
paragone con Giovanni Battista, cui Gesù era in qualche maniera legato.
Pesce e
Destro, quando arrivano alla descrizione del processo, hanno le idee chiare su
cosa è successo. I responsabili della condanna non sono ben chiari, ma è
evidente che senza l’ausilio del potere romano Gesù non sarebbe stato
condannato, perché il Sinedrio e i capi giudei non avrebbero avuto il potere di
farlo. Un intero capitolo è dedicato alla questione del seppellimento e alla
questione del sepolcro di Giuseppe di Arimatea (che nell’elaborazione dei
Vangeli diventa una figura importantissima) e delle cerchie dei seguaci che
avrebbero permesso che Gesù fosse posto in un sepolcro e non in una fossa
comune come sarebbe stato logico dopo una morte infame. I due AA. analizzano
bene qual era la mentalità giudaica e come se Gesù era ritenuto un maestro,
sarebbe stata probabile l’accoglienza del suo corpo in un sepolcro.
Gli ultimi
capitoli del testo sono dedicati a quello che potremmo chiamare l’”elaborazione
del lutto”: come reagirono i discepoli alla morte violenta del leader. Pesce e
Destro sembrano pensare che la resurrezione sia stata un’inventio per cercare di superare la delusione e trasformarla in
speranza, che poi si sarebbe diffusa a seconda dei gruppi che lo avevano
seguito, formando tradizioni diverse che hanno spiegazioni di tipo differente
(e che portano, di conseguenza, anche alla stesura di Vangeli differenti), ma
che, alla fine sono unificate e semplificate in quattro possibili spiegazioni,
che sono prospettate nell’ultimo capitolo e che trovano, a parere degli AA., la
più probabile nella “marginalità” di Gesù rispetto ai gruppi di potere
dell’epoca.
Fin qui il
testo, ben scritto e, questa volta, ben documentato e dotato di ampia
bibliografia che dimostra il minuzioso lavoro di ricerca fatto. Rimangono al
lettore credente e, allo stesso tempo studioso, alcuni dubbi. I primi due
riguardano l’impostazione antropologica: siamo così sicuri che Bauckham, Dunn e
Wright (che non è mai citato e che non è presente in bibliografia, continuando
a mostrare una certa preferenza verso altri tipi d’interpretazione) abbiano
torto rispetto alla trasmissione del testo e rispetto all’oralità. E’ così
sicuro che Destro (che dovrebbe essere la più aggiornata in questo campo) abbia
veramente una panoramica totale degli studi. Se gli AA. criticano Bauckham
(autore di Gesù e i testimoni oculari, pubblicato
da GBU in italiano e presente in bibliografia), affermano che lo studioso
inglese non è aggiornato, perché nella bibliografia, rispetto a al problema
della trasmissione orale non sono citati gli studi di Havelock, di Ong e di
Goody che darebbero in parte ragione all’impostazione dello studioso inglese?
L’altro problema ha a che fare con il confronto con il maggiore studioso
americano di antropologia del Nuovo Testamento: Bruce Malina. Gli AA. italiani
citano solo un testo di Malina e sembrano appena accennare allo schema
onore/vergogna ben collaudato ed usato da altri studiosi nei paesi anglosassoni
quando si parla dell’ambiente giudaico, preferendo, invece, quanto affermano
Crossan e gli altri studiosi del Jesus
Seminar, a proposito della “marginalizzazione contadina” di Gesù (ipotesi
accettata per la verità in parte anche dal Gesuita Meier).
Dal punto
di vista esegetico diverse potrebbero essere le notazioni, ma due sono le
principali: la prima riguarda la questione dei Vangeli. Che valore hanno i
quattro Vangeli canonici e possono essere continuamente affiancati ai Vangeli
apocrifi, dandogli lo stesso valore? Questa idea paritaria è realmente
possibile? Si tratta di un’idea che Pesce e Destro hanno già manifestato in
altri testi e che continua a essere presente in quest’ultimo. Ora anche questa
idea viene fuori dagli studi del Jesus
Seminar e di studiosi di tendenza più liberale, ma molti altri non
concordano che il valore sia analogo e non solo per motivi puramente “sacri”.
L’altra questione ha a che fare con la Resurrezione: possibile che questo
avvenimento (così è descritto dagli evangelisti e mai come una “visione” o
“illusione”) non possa essere presa in esame da un punto di vista storico. Lo
storico e l’antropologo si devono sempre fermare di fronte allo straordinario?
Uno dei maggiori “torti” bibliografici del testo è non citare il magistrale
studio sulla Resurrezione di Wright, pubblicato in Italia per i tipi di
Claudiana, dove lo studioso inglese cerca di portare avanti una indagine
storico-teologica sull’argomento. Dire semplicemente che Wright e Bauckham,
quando parlano di certi argomenti, vanno fuori dal novero degli studiosi, è
piuttosto limitante e ci si aspetterebbe una critica più avveduta.
Questi
alcune delle criticità dello studio che comunque rimane valido per le
sollecitazioni che suscita in un lettore italiano e che merita per questo di
essere letto.
Valerio Bernardi - DIRS GBU
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