Cinque anni fa nella nostra rubrica pubblicavamo questa breve recensione su un libro di Girard, scomparso ieri. Si tratta di un A. complesso, meritevole di essere studiato e che ha dato un contributo di lettura ai testi biblici e all'essenza della religione cristiana notevole. Tra i suoi interessi biblici vi è stato anche quello per l'apocalittica, i cui risultato sono riassunti da questo breve libro.
L’ultimo libro
della Bibbia è stato uno dei più commentati e su cui più si è speculato
all’interno del cristianesimo, anche negli ultimi decenni. Pochi nel mondo
evangelico sanno che l’apocalittica è stata argomento di riflessioni anche da
parte di laici e che è stata l’oggetto d’indagine principale di uno dei più
grandi studiosi di storia della religione in Italia, Ernesto De Martino i cui
appunti sulla Fine del Mondo sono
stati pubblicati postumi da Einaudi e che hanno anticipato le analisi
“culturali” sulla questione.
Uno studioso che
appartiene alla schiera dei laici che si è interessato all’argomento ed ha
studiato la Bibbia
da “esterno” è stato nell’ultimo quarantennio René Girard. Letterato di
formazione, affascinato dal testo biblico, Girard ha scritto diversi testi
dedicati allo studio biblico e si è concentrato su quello che, a suo parere, è
la dottrina centrale che rende la religione cristiana diversa da tutte le altre.
La fine della ripetitività del sacrificio, per l’A. francese, avvenuto per una
sola volta tramite Cristo visto come l’ultimo capro espiatorio, porta alla fine
dell’introduzione dell’elemento di violenza nella religione. Questa “fine della
violenza” (che può sempre però riapparire) è stata fondamentale per l’essenza
della civiltà occidentale che, a partire dal trionfo del cristianesimo, è
divenuta qualcosa di profondamente differente da quello che era in precedenza.
Sulla base di questa
idea-guida (che emerge prepotentemente nel suo saggio La violenza e il sacro pubblicato in Italia da Adelphi) il pensatore francese ha, in diverse sue
opere, analizzato anche la concezione del tempo cristiano e di come sia
essenziale la lettura dell’Apocalisse per comprendere questa idea. Il problema
dell’apocalittica per un docente francese che ha insegnato a Stanford è
divenuto più pressante dopo l’11 settembre ed è servito a riflettere su come si
sarebbe dovuto reagire all’avvenimento.
Il libro uscito
di recente per la
Transeuropa (una piccola casa editrice che ha una collana dedicata
alle opere di Girard) si intitola Prima dell'Apocalisse ed è composto da una lunga intervista fatta a Girard da Robert
Doran nel 2007 e da uno scritto di Jean-Pierre Dupuy, epistemologo francese
allievo dello stesso Girard, intitolato “Pre-vedere
l’Apocalisse”. Per un catastrofismo razionale. I due scritti, pur nella
loro eterogeneità rendono il piccolo libro interessante da leggere ed anche
provocante per l’impostazione che gli è stata data.
L’intervista di
Girard parte da alcune riflessioni preliminari sull’apocalittica cristiana.
L’A., che dimostra la sua profonda conoscenza dell’esegesi contemporanea e non.
Egli afferma che i primi cristiani leggevano l’Apocalisse come testo incoraggiante e non come un testo scritto per
mettere paura alle persone e per parlare del tremendo giudizio di Dio, ma per
confortarli in un periodo di crisi.
Girard, partendo
da quest’analisi che ci trova concordi, cerca poi di applicare la lettura del
libro biblico agli avvenimenti pre e post 11 settembre. Egli afferma che la
reazione degli Americani è stata quella di un popolo ferito che ha dimenticato
le proprie origini cristiane e che ha privilegiato nella reazione una sorta di
paganità romana, dimenticando il discorso di misericordia e di negazione della
violenza presente nel cristianesimo. Per questo motivo G.W. Bush è visto
dall’A. come un interprete del neo-paganesimo e non del cristianesimo che non
troverebbe piena esplicitazione nella reazione americana.
Un altro punto
forte dell’intervista è il paragone che più volte è fatto tra cristianesimo e
islamismo. Girard, pur ammettendo che l’islamismo deve molto alla religione
cristiana e nasce, come direbbe lui, per un procedimento “mimetico”, è
profondamente diverso perché la violenza originaria non è stata alienata da una
figura centrale come quella del Cristo. Per questo motivo nell’islamismo è
ancora possibile avere i kamikaze
che, invece, sono del tutto impossibili in una cultura cristiana che ha proibito
i sacrifici umani, resi inutili dall’ultimo definitivo sacrificio.
Il libro
continua con il saggio di Dupuy che esamina il problema dell’apocalittica da un
punto di vista ancora più laico e quasi “scientifico”. Il saggio di Dupuy
afferma che la società occidentale ha dimenticato l’importanza di pre-vedere la
catastrofe e, soprattutto dall’avvento del capitalismo, ha pensato di poter
proseguire in una sorta di progresso infinito, dimenticandosi che la storia ha
sempre una sua fine. Per questo motivo sarebbe meglio rivalutare una concezione
ciclica del tempo che possa permettere di pre-vedere la catastrofe,
accettandone le conseguenze e non facendo finta di ignorare che il tempo della
storia non è sempre orientato verso il meglio. Dupuy, infatti, afferma che può
sempre succedere che qualche nostra scelta ci porti a eventi imprevedibili
nella loro esatta posizione temporale, ma prevedibili nella loro eventualità.
Tutto questo ci deve far riflettere sull’indeterminazione della nostra vita.
Il libro si
legge facilmente e se, nella prima parte, la lettura è affascinante soprattutto
per chi non conosce il pensiero di Girard e che vogliano iniziarsi a esso,
nella seconda parte, quello del saggio di Dupuy, è mostrato come il discorso
apocalittico che, nella interpretazione tradizionale appare visionario e
irrazionale, ha una sua razionalità che non va sottovalutata e che andrebbe
apprezzata anche negli sforzi esegetici e pastorali nell’affrontare un testo di
difficile interpretazione.
L’altra
questione per cui consiglio la lettura di questo breve testo è che mostra come
le nostre radici cristiane, anche quando cerchiamo di fare un discorso laico,
riemergono sempre e permettono di comprendere anche a noi come questo genere
letterario nato nel mondo ebraico e che ha avuto la sua celebrazione finale nel
cristianesimo, sia costitutivo della nostra cultura e del nostro modo di
pensare da occidentali.
Valerio Bernardi – DIRS GBU
Nessun commento:
Posta un commento