Novembre è il mese, insieme a quello
natalizio, dei blockbusters cinematografici nel mondo occidentale. E’ così è
stato anche quest’anno: la multinazionale cinematografica ha tirato fuori prima
Spectre, probabilmente l’ultimo 007
con Daniel Craig e poi, qualche settimana dopo, Il canto della rivolta 2 che chiude la saga di Hunger Games, basata sulla trilogia dell’autrice americana Suzanne
Collins che, almeno in parte, è riuscita a sostituire nel cuore degli
adolescenti i romanzi di Harry Potter.
La storia è nota ai più: i tre
romanzi delineano quella che classicamente si chiama una distopia, ovvero
racconta una storia, ambientata in un mondo futuro-immaginario, in cui il
regime politico risulta essere oppressivo e tenuto insieme da un despota, un
Presidente di nome (i cognomi che ha usato la Collins talvolta sono allusivi)
Snow.
Accanto all’uso classico della
distopia vi sono delle varianti, che potremmo definire tipicamente postmoderne:
i giochi di sacrificio (gli Hunger Games)
che derivano da una tradizione classica (è chiaro il richiamo alla vicenda di
Teseo e di Atene e degli Orazi e Curiazi di latina memoria) sono stati
multimedializzati e, a parte le simulazioni che vengono appositamente costruite
per i giochi, la cosa più importante è che vengono trasmessi in mondovisione,
diventano qualcosa che supera di gran lunga i giochi circensi classici, , in
quanto visti dal mondo intero e apprezzati dalla maggior parte della
popolazione abbiente del mondo.
L’altra caratteristica è la scelta
dell’eroe: in un mondo in cui le ragazze hanno bisogno di modelli forti,
Katniss Everdeen, la vera eroina della saga. è una donna che, nel frattempo
diventa pienamente adulta, disposta al sacrificio di sè stessa e autonoma rispetto
agli uomini che la circondano. Si tratta di una tipica eroina postfemminista
che, pur mantenendo caratteristiche di genere tipicamente femminili, non
disdegna ruoli di autonomia notevoli e, alla fine, è colei che conduce porta a
termine la storia. Katniss, infatti, si
mostra, nei film e nei romanzi (pur con alterne vicende), molto più
forte degli altri protagonisti maschili appartenenti al mondo adolescenziale e,
in questo senso, è specchio fedele della società in cui viviamo e di cui,
nonostante l’ambientazione futiristica, diviene una specie di icona.
Queste caratteristiche, insieme ad
una accurata scelta degli attori (non ultima Jennifer Lawrence che incarna la
stessa eroina), hanno fatto sì che un film per nulla banale divenisse un
successo cinematografico di tipo globale.
Cosa dire della vicenda e di quanto
sino ad ora raccontato da un punto di vista teologico e filosofico? Sicuramente
la serie dei romanzi hanno un’idea di base molto forte che ha a che fare con
l’importanza dell’individuo. Un solo individuo può riuscire (anche se
coadiuvato da altri e soprattutto dai mezzi di comunicazione di massa) a
cambiare le sorti di un’intero mondo: Katniss sembra incarnare in questo senso
l’individuo cosmico-storico hegeliano. Ne sono consapevoli i tattici del gioco
che vedono in Lei non solo la speranza (quella riposta dalle masse), ma colei
che può veramente guidare la rivolta. L’altro aspetto che è preso in esame è
quello della generosità ed del sacrificio. L’eroina del film inizia il suo
percorso di rivolta perché vuole salvare la propria sorella: si tratta quasi di
un sacrificio sostitutivo, molto simile a quello che deriva dalla tradizione
cristiana e i partecipanti ai giochi ricordano il capro espiatorio, così ben
studiato negli ultimi decenni da René Girard,
La vicenda politica nei romanzi e
nei film si dipana nella maniera in cui è oggi percepita dalla maggior parte
degli individui: un continuo intrigo ed imbroglio. I maggiori esponenti
politici presentati, dal presidente Snow alla sua diretta avversaria, Coen, non
hanno in loro nessun tipo di di idealismo, ma pensano di dover agire in maniera
spietata per mantenere (nel caso di Snow) o ripristinare (nel caso di Coen)
l’ordine. Per fare tutto questo si costruisce una società profondamente iniqua,
in cui solo il centro, grazie, in realtà ad una militarizzazione spietata,
riesce a vivere in prosperità, mentre le rimanenti masse vivono in miseria ed
in uno stato di semischiavitù. Katniss, che proviene da uno dei distretti più
poveri, rappresenta con la vittoria nei giochi ed il percorso che da lì inizia,
il riscatto di queste popolazioni che hanno bisogno di maggiore giustizia.
La ricerca di giustizia è un altro
degli elementi portanti del film. Essa alla fine prevarrà ed inizia a
manifestarsi anche nei gesti quotidiani del Distretto 12, quando, ad esempio,
Peta decide di lasciare del pane bruciato per la famiglia di Katniss piuttosto
che darlo e diventa sempre più presente nel film, sino alla venerazione che la
popolazione ha per la mockingjay, l’uccello
che rappresenta la stessa Katniss.
Il film, anche l’ultimo (benché
parta un po’ lentamente e risenta dell’idea di dividere il secondo romanzo in
due film per fare cassetta). è altamente spettacolare e merita di essere visto
al cinema, forse anche indipendentemente dalla lettura dei romanzi.
Vi sono però dei dubbi che sorgono
al commentatore. L’Happy ending un
po’ antipolitico era strettamente necessario? Alla fine sembra che la politica
sia un affare che debba essere gestita da un’alterità che non abbia lo stesso
senso di giustizia e di riscatto che può avere l’individuo. E’ proprio questa
la politica? Sembra che, alla fine, ciò che conta è il destino individuale a
scapito di quello della comunità che è importante sino ad un certo punto. Non è
tutto questo molto contemporaneo e un po’ pericoloso come messaggio?
I romanzi ed il film, come del resto
spesso accade, agiscono in un mondo etsi
deus non esset. Le idee di giustizia, riscatto, redenzione sono ben
presenti, in quanto radicate nella nostra cultura, ma appaiono come agenti
nell’autonomia dell’uomo che si fa da solo. L’ideologia del sefl made man (in questo caso woman) rimane prevalente e forse denota
la debolezza di un intreccio che rimane per la maggior parte valido e positivo.
Valerio Bernardi - DIRS GBU
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