L’Islam visto da Zizek
Se
qualcuno mi chiedesse chi sia oggi il maggiore filosofo vivente avrei dei dubbi
a dare una risposta certa (è tipico dei filosofi). Se, però, mi chiedessero chi
sia il filosofo più pop oggi non
avrei alcun dubbio nella risposta e direi Slavoj Zizek. Zizek è probabilmente
il pensatore più conosciuto al mondo, quello più presente nei dibattiti
televisivi, nei giornali e nei social media (provate a cliccare il suo nome su
youtube, ad es.). Irriverente, politcamente scorretto (continua, tra l’altro, a
definirsi “comunista” pur ammettendo che Hegel è più grande di Marx), forse
talvolta sin troppo provocatorio, rimane comunque, nonostante la
onnipervasività delle sue posizioni ed una facilità di scrittura eccessiva, un
grande pensatore.
Il
libriccino pubblicato da Ponte delle Grazie intitolato L’Islam e la modernità. Riflessioni blasfeme, si presenta come un vero e proprio pamphlet composto di due capitoli, l’uno
derivante dalle riflessioni che il pensatore sloveno ha fatto dopo l’attentato
in Francia alla redazione della rivista Charlie
Hebdo, l’altro, di qualche anno addietro, frutto di una riflessione su ciò
che è chiamato l’archivio dell’Islam, usando una tipica espressione lacaniana,
dove la parola archivio designa ciò che è depositato nella nostra psiche e che
forma gli archetipi del nostro comportamento.
Il primo
testo, frutto di un ampliamento di un articolo che Zizek ha pubblicato sul Guardian, invita le persone a pensare
anche a caldo rispetto ad un avvenimento di pochi giorni. Per il filosofo solo
il pensiero ci permette di superare lo sgomento. Zizek nell’articolo vuole
dimostrare tre cose: in primis, che gli
islamici che hanno fatto l’attentato alla redazione francese non sono
fondamentalisti; in secondo luogo, non sono dei barbari medioevali; in terzo
luogo, hanno paura di ciò che rappresenta l’Occidente.
Per Zizek,
infatti, il fondamentalismo è quello degli Amish,
ovvero di coloro che rimangono ancorati alle loro tradizioni e che vogliono
vivere isolati dal resto del mondo. Gli attentatori di Parigi, invece, vogliono
convertire il mondo e vogliono reagire ad esso. Non si tratta di persone
immerse nel Medio Evo, perché gli attuali fondamentalisti islamici usano tutti
i mezzi moderni di comunicazione ed amano la modernità: vivono come in un
perenne videogame dove sparare è diventata una cosa naturale.
Il secondo
capitolo è di più difficile lettura ed è frutto di alcune riflessioni che il
pensatore sloveno aveva fatto qualche anno addietro. Usando le tecniche
psicoanalitiche di stampo lacaniano, si cerca di descrivere le caratteristiche
tipiche della religione islamica e ciò che la rende differente dalle altre
religioni monoteiste. Per Zizek l’Islam è la religione dell’abbandono anziché
dell’accoglienza, come abbandonati e rigettati sono stati Agar e Ismaele,
frutto non della volontà divina, ma della volontà dell’uomo. Riprendendo il
racconto biblico della Genesi si
vuole mostrare come già l’archetipo fondativo sia generatore d’ansia. Accanto a
ciò, si fa notare come il dubbio sulla formazione della nuova Parola di Dio (il
Corano) sia sempre presente il dubbio della tentazione diabolica e dell’entrata
del male, cui l’uomo non ha nessuna capacità di reagire. Il rapporto Dio-uomo,
quindi, risulta diverso tra Ebraismo e Cristianesimo da una parte e Islamismo
dall’altra, dove il Dio appare molto più impersonale e distaccato. Queste
caratteristiche, a parere, del filosofo sloveno, rendono l’Islam una religione
più ansiogena rispetto alle altre due e che, per questo motivo, rischia di
generare fenomeni come quelli avvenuti negli ultimi decenni.
La lettura
di Zizek, come sempre, risulta interessante e provocatoria. Egli, infatti,
ritiene che gli attentatori di Parigi siano fortemente attratti, come tutti,
dai “valori” e dagli apparenti benefits dell’Occidente.
La ferocia con cui si abbattono nei confronti di certe manifestazioni sono più
sintomo di questa attrazione/repulsione che di un respingimento integrale. Il
problema, quindi, sarebbe intrinseco alla stessa religione ed al suo ambiguo
rapporto (oggi, non ieri) con il mondo capitalistico e con le sue possibilità.
Ecco perché per rispondere ci vuole una filosofia radicale ed un’alternativa
realistica all’odierna società neoliberale.
La lettura
va consigliata proprio per la visione “eccentrica” di Zizek che non si
preoccupa del politically correct. Alcune
sue analisi sulla religione rimangono discutibili, fatte da una prospettiva
atea ma rispettosa del fatto religioso.
Valerio Bernardi - DIRS GBU
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