lunedì 23 febbraio 2015

La Morte di Gesù secondo Adriana Destro e Mauro Pesce

Ricercare “storicamente” su Gesù.




Cercare di tracciare un profilo bibliografico dei libri pubblicati su Gesù e dei tentativi (molteplici e molto diversi tra loro) che ci sono stati di trattare “storicamente” le vicende di colui che da molti è considerato il Salvatore e colui che è venuto a dare speranza a tutta la terra, sarebbe un’impresa ardua e difficile da gestire. Va detto, inoltre che, dopo una serie di decenni che sono stati piuttosto silenti sull’argomento, negli ultimi anni il dibattito si è di nuovo rianimato, portando gli studiosi a parlare di “quarta ricerca sul Gesù storico”. In genere, gli studiosi italiani non sono tra i protagonisti di questa ricerca e le motivazioni possono essere molteplici e vanno dal legame “canonico” con il dogma cattolico a una minore presenza di biblisti sul nostro territorio. Nonostante il panorama di studi piuttosto esiguo, vi è stata, negli ultimi anni un’eccezione: quella della figura di Mauro Pesce, studioso “laico” in quanto siede su una cattedra di storia del cristianesimo all’Università di Bologna (quindi non in Pontificio Istituto, anche se le sue radici sono nel mondo cattolico progressista) e che, con la sua consorte, Adriana Destro, docente di antropologia cultura nello stesso Ateneo, ha cercato di dare una lettura “laica” delle vicende di Gesù.

Come molti sanno, Pesce è divenuto noto al grande pubblico quando Corrado Augias l’ha intervistato su Gesù in quel libro intitolato Inchiesta su Gesù divenuto un best-seller e che, anche in questa rubrica, noi abbiamo recensito e criticato, soprattutto per la sua impostazione.
Il successo editoriale di quest’ultimo libro ha portato lo studioso bolognese a poter continuare a pubblicare ancora libri con le grandi case editrici italiane.
Una delle sue ultime fatiche è La morte di Gesù. Indagine su un mistero, scritto con Adriana Destro per i tipi di Rizzoli e che riprende alcune delle tematiche affrontate nell’intervista rilasciata ad Augias. La metodologia di questo testo, però, è molto differente: Destro e Pesce dimostrano di essere degli studiosi seri che non hanno intenti divulgativi, quanto, piuttosto, quello di prospettare un’ipotesi interpretativa delle vicende di Gesù partendo dalla fine, ovvero dalla sua crocifissione. Gli AA., infatti, pensano che, per comprendere bene la storia di Gesù, bisogna partire da quello che (storicamente) è l’ultimo atto: la morte sulla Croce. Tale morte è vista come un fatto storico e su quest’avvenimento imbastiscono un discorso che vuole rimanere nella storia, con diversi addentellati con l’indagine antropologica, vista come necessaria per comprendere, bene quanto accade nella Palestina di 2000 anni fa.
Dopo essere partiti dalla fine, è proposta una disamina di alcune delle questioni fondamentali della vita di Gesù, dando molto spazio alla descrizione dell’ambiente culturale in cui si sarebbe svolto il suo ministerio e dando attenzione a quella che fu la “scelta” dei suoi discepoli. Qualche parola è spesa anche nell’individuazione del messaggio e su come esso potesse essere ritenuto sovversivo. Ci si sofferma anche sulle diverse affermazioni evangeliche che “prevedevano” la morte, la morte violenta del personaggio e il paragone con Giovanni Battista, cui Gesù era in qualche maniera legato.
Pesce e Destro, quando arrivano alla descrizione del processo, hanno le idee chiare su cosa è successo. I responsabili della condanna non sono ben chiari, ma è evidente che senza l’ausilio del potere romano Gesù non sarebbe stato condannato, perché il Sinedrio e i capi giudei non avrebbero avuto il potere di farlo. Un intero capitolo è dedicato alla questione del seppellimento e alla questione del sepolcro di Giuseppe di Arimatea (che nell’elaborazione dei Vangeli diventa una figura importantissima) e delle cerchie dei seguaci che avrebbero permesso che Gesù fosse posto in un sepolcro e non in una fossa comune come sarebbe stato logico dopo una morte infame. I due AA. analizzano bene qual era la mentalità giudaica e come se Gesù era ritenuto un maestro, sarebbe stata probabile l’accoglienza del suo corpo in un sepolcro.
Gli ultimi capitoli del testo sono dedicati a quello che potremmo chiamare l’”elaborazione del lutto”: come reagirono i discepoli alla morte violenta del leader. Pesce e Destro sembrano pensare che la resurrezione sia stata un’inventio per cercare di superare la delusione e trasformarla in speranza, che poi si sarebbe diffusa a seconda dei gruppi che lo avevano seguito, formando tradizioni diverse che hanno spiegazioni di tipo differente (e che portano, di conseguenza, anche alla stesura di Vangeli differenti), ma che, alla fine sono unificate e semplificate in quattro possibili spiegazioni, che sono prospettate nell’ultimo capitolo e che trovano, a parere degli AA., la più probabile nella “marginalità” di Gesù rispetto ai gruppi di potere dell’epoca.
Fin qui il testo, ben scritto e, questa volta, ben documentato e dotato di ampia bibliografia che dimostra il minuzioso lavoro di ricerca fatto. Rimangono al lettore credente e, allo stesso tempo studioso, alcuni dubbi. I primi due riguardano l’impostazione antropologica: siamo così sicuri che Bauckham, Dunn e Wright (che non è mai citato e che non è presente in bibliografia, continuando a mostrare una certa preferenza verso altri tipi d’interpretazione) abbiano torto rispetto alla trasmissione del testo e rispetto all’oralità. E’ così sicuro che Destro (che dovrebbe essere la più aggiornata in questo campo) abbia veramente una panoramica totale degli studi. Se gli AA. criticano Bauckham (autore di Gesù e i testimoni oculari, pubblicato da GBU in italiano e presente in bibliografia), affermano che lo studioso inglese non è aggiornato, perché nella bibliografia, rispetto a al problema della trasmissione orale non sono citati gli studi di Havelock, di Ong e di Goody che darebbero in parte ragione all’impostazione dello studioso inglese? L’altro problema ha a che fare con il confronto con il maggiore studioso americano di antropologia del Nuovo Testamento: Bruce Malina. Gli AA. italiani citano solo un testo di Malina e sembrano appena accennare allo schema onore/vergogna ben collaudato ed usato da altri studiosi nei paesi anglosassoni quando si parla dell’ambiente giudaico, preferendo, invece, quanto affermano Crossan e gli altri studiosi del Jesus Seminar, a proposito della “marginalizzazione contadina” di Gesù (ipotesi accettata per la verità in parte anche dal Gesuita Meier).
Dal punto di vista esegetico diverse potrebbero essere le notazioni, ma due sono le principali: la prima riguarda la questione dei Vangeli. Che valore hanno i quattro Vangeli canonici e possono essere continuamente affiancati ai Vangeli apocrifi, dandogli lo stesso valore? Questa idea paritaria è realmente possibile? Si tratta di un’idea che Pesce e Destro hanno già manifestato in altri testi e che continua a essere presente in quest’ultimo. Ora anche questa idea viene fuori dagli studi del Jesus Seminar e di studiosi di tendenza più liberale, ma molti altri non concordano che il valore sia analogo e non solo per motivi puramente “sacri”. L’altra questione ha a che fare con la Resurrezione: possibile che questo avvenimento (così è descritto dagli evangelisti e mai come una “visione” o “illusione”) non possa essere presa in esame da un punto di vista storico. Lo storico e l’antropologo si devono sempre fermare di fronte allo straordinario? Uno dei maggiori “torti” bibliografici del testo è non citare il magistrale studio sulla Resurrezione di Wright, pubblicato in Italia per i tipi di Claudiana, dove lo studioso inglese cerca di portare avanti una indagine storico-teologica sull’argomento. Dire semplicemente che Wright e Bauckham, quando parlano di certi argomenti, vanno fuori dal novero degli studiosi, è piuttosto limitante e ci si aspetterebbe una critica più avveduta.
Questi alcune delle criticità dello studio che comunque rimane valido per le sollecitazioni che suscita in un lettore italiano e che merita per questo di essere letto.


                                                                                              Valerio Bernardi - DIRS GBU

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