lunedì 21 aprile 2014

Contro natura


Lunedì letterario del 21 aprile 2014

F. Trasatti, Contro natura. Omosessualità, Chiesa e biopolitiche, Milano, Elèuthera, 2008, pp. 129, € 12,00

(Daniele Mangiola)

Redigere una riflessione su un libro è un atto personale, un esposizione del proprio punto di vista, limitato, criticabilissimo, fallibilissimo, così come lo è la pubblicazione del libro stesso da parte dell’autore, molto più in piccolo ovviamente. Un libro lo si sceglie per il titolo, innanzitutto, dopo per l’autore, ove questi fosse già in qualche maniera noto.
Una serie di ipotesi preliminari.
 Poniamo di essere un cristiano, non cattolico, progressista per tendenza, libertario per ideologia, pluralista per inclinazione.
Poniamo di trovarsi di fronte un libro come questo, di decidere di leggerlo con tutta la disponibilità a trovarsi d’accordo con esso, a trovarvi dei punti di vista alternativi e interessanti, coerenti con quella ideologia libertaria di cui sopra a cui appoggiare il proprio impegno, profondamente sentito come cristiano, in direzione di un pluralismo inclusivista e non settario.
Poniamo di sapere che proprio la questione dell’omosessualità è un argomento su cui si giocano dinamiche culturali che coinvolgono la vita stessa della chiesa cristiana, di pressante attualità, oggetto di riflessione onesta e illuminata di certa seria teologia, convinta della propria chiamata al servizio nel mondo in cui vive, allo stesso modo che nervo scoperto e infiammato di tanta cristianità convinta della propria missione di guida del mondo che abita.
Poniamo di conoscere l’autore, Filippo Trasatti, per il suo impegno nel campo della cultura libertaria italiana, insegnante di filosofia, ricercatore, redattore di riviste e di aspettarsi da lui indicazioni preziose per migliorare il proprio atteggiamento culturale, cristiano, inclusivista, egualitario.
Poste queste premesse, il lettore medio accoglie positivamente l’agile libretto con il solito bello stile editoriale di Elèuthera.
Il testo si divide in tre parti di cui la prima è dedicata alla critica delle posizioni dottrinali e teologiche della Chiesa in materia di sessualità. È immediatamente evidente e d’altronde ben chiaro anche all’autore che l’oggetto in esame sia la Chiesa Cattolica e soprattutto nella sua versione ufficiale e italiana (tanta Chiesa Cattolica di frontiera è ben diversa da quella, così come lo è tanta Chiesa non così radicata politicamente come in Italia, come è a tutti noto. E ci troviamo a distanze siderali nel momento in cui consideriamo poi la teologia evangelica) (pag. 31). Però.
Si legge tutta la prima parte, quasi metà dell’intera opera, in attesa, pagina dopo pagina, di una riflessione inedita, un punto di vista illuminante e invece si continua un poco annoiandosi, per chi, come detto nelle premesse, già abbia messo in conto i limiti di certo atteggiamento religioso impositivo, direttivo. Si rileggono le posizioni ufficiali della Chiesa, il suo spauracchio sempre sventolato del relativismo incipiente, la sua rigida politica pro-famiglia. Ne emerge una posizione anticlericale che però è quella più diffusa in tutto l’Occidente, anche tra gli stessi cattolici. Forse l’unico chiarimento importante è quello che una politica sessuale rigidamente codificata è il frutto della teologia del secondo millennio, non del primo, di cristianità, ed è una cosa che, certo, non può non far riflettere.
Dà poi un certo (piccolo) fastidio una scelta dell’autore di riportare per tutta l’opera il vocabolo “Chiesa” in maiuscolo e il vocabolo “dio” in minuscolo. Anche perché è ben chiaro il concetto che “Chiesa” sia precisamente la Chiesa Cattolica italiana e che il suo “dio” sia ben poco simpatico all’autore; però, trattandosi di un “dio” ben determinato, riconoscibile, il Dio della Bibbia (non una qualsiasi astratta divinità), a questo punto si tratta non più di un astratto concetto religioso, ma di un nome proprio, per quanto esso possa essere, dal punto di vista dell’autore, fantasioso. “Don Chisciotte” è sicuramente un frutto di fantasia, ma non per questo lo si scrive in minuscolo.
La seconda parte è ancor più sorprendente per il semplice fatto che la questione dell’omosessualità scompare completamente dalla riflessione e la sessualità in genere vi torna soltanto sporadicamente a margine di una più ampia trattazione del concetto di natura, delle sue implicazioni politiche, anzi biopolitiche, della sua evoluzione. Se non altro in questa seconda parte si fa viva tutta la cultura libertaria con il suo punto di vista alternativo sulle dinamiche del potere e del controllo, del pensiero e del corpo. Ma il discorso parte da troppo lontano, è troppo vasto, per esprimere un concetto ben chiaro e sicuramente degno di nota: che cioè nel concetto stesso di natura, nella sua evoluzione, si nasconde un progetto di dominio. “Natura” ha molti significati, è il “selvaggio” contro il “culturale”, così come, in altri contesti è il “giusto” contro lo “sbagliato”, il “vivente” contro il “meccanico”, ma anche all’opposto il “materiale” contro lo “spirituale” e così via. Dunque il concetto di “natura” è sempre risultato di un’operazione ideologica che ha, in tutte le sue differenze, un solo obbiettivo: la “trasformazione della differenza in gerarchia” (p. 64) laddove l’animale deve esser soggetto al culturale, il materiale allo spirituale, lo sbagliato al giusto.
Dunque una politica di dominio che l’uomo ha attuato prima nei confronti dell’animale ma poi non si è fermato, creando gerarchie di umani in cui donne, deboli e diversi sono stati fatti sudditi. Il progresso fino ad oggi è un processo di epurazione: prima l’uomo (preistoria) allontana da sé l’animale, poi (cristianesimo) lo spirituale allontana da sé il carnale, poi (scienza moderna) il vivente allontana da sé il meccanico, infine (era contemporanea) il normale allontana da sé l’abnorme.
Naturalmente Trasatti identifica nella nascita del Cristianesimo e nella sua influenza sulla nascita dello Stato Moderno, a cui ha trasmesso il proprio DNA, il sistematizzarsi di questa politica del dominio dell’uomo su altri simili, con l’alibi della voluntas dei, che in seguito diventa ragion di stato. Si potrebbe obiettargli, sulla scia di teologi come Walter Wink o Jacques Ellul, per citarne qualcuno, che è invece il diabolico progetto del dominio che si è insinuato nella chiesa deformandone il progetto e corrompendone il carattere sfruttandone però la potenzialità diffusiva per invadere la terra.
La terza parte è dedicata a quella che Foucault ha chiamato “biopolitica” ed è anzi attorno al pensiero del filosofo francese che si costruisce tutta l’argomentazione di Trasatti. La sostanziale trasformazione del potere nell’età contemporanea consiste in uno slittamento di politica: laddove in precedenza il potere si manifestava come potere di “togliere” la vita, gesto estremo di punizione, esso ha diretto ora la sua politica in direzione del potere di “dare” la vita, di amministrarla, complice un’evoluzione tecnologica, un proliferarsi di discipline scientifiche che hanno come oggetto proprio la codificazione e la manipolazione del vivente, dalla psicanalisi alla biologia. Il controllo della sessualità è controllo della vita e la categoria stessa di sessualità è uno strumento di controllo e classificazione in mano al potere attraverso “la sessualizzazione del corpo, la diffusione dell’igienismo, la preoccupazione per la discendenza” (p. 97).
Chiesa da una parte, scienza dall’altra, propugnano etiche della vita con l’obbiettivo reale del dominio e del controllo attraverso la distinzione in sano e malato, normale e abnorme, naturale e perverso. E sembra di sentire il teologo laico cattolico William Cavanaugh nella seguente affermazione: “nella vita delle società secolarizzate, in linea di principio emancipate da ogni rapporto con una verità rivelata e da ogni finzione teologico-politica, continuano a sussistere e a operare dei tratti marcatamente religiosi” (pp. 104-105). Solo che laddove lì Cavanaugh denuncia come il potere politico metta in atto una vera e propria liturgia, un vero e proprio culto dello stato, che si pone come idolo in alternativa a Dio, qui Trasatti vede nel potere temporale semplicemente una continuazione di quello spirituale. “Dall’efficiente apparato della Chiesa abbiamo ereditato tecniche di controllo delle coscienze che sono state sviluppate nei secoli” (p. 105).
Insistere con le battaglie per la liberazione sessuale significa continuare a giocare il gioco del potere, prosegue Trasatti, sempre seguendo Foucault. Ciò che è necessario fare è liberarsi della categoria della sessualità, rifiutare di essere catalogati secondo le preferenze sessuali, ribadire la propria irriducibile individualità ed è questa la tesi conclusiva del libro. Solo che per arrivarci il percorso è stato tortuosissimo, pieno di deviazioni e soste spesso non essenziali.
Così il lettore medio non può dire, alla fine, cosa e come si attui nella pratica questa liberazione dalle categorie del potere, non può che rimanere con una vaga suggestione di quella che sia la tesi di Trasatti. C’è poi da dire che, viste le diverse e multiformi manifestazioni del potere che agiscono sia attraverso la tendenza moralizzatrice della Chiesa che attraverso il procedere asetticamente (in apparenza) classificatorio delle diverse bio-tecniche, non si capisce perché si debba diffidare dei vari format proposti dalla visione scientifica in quanto solo temporanei e funzionali alla logica del potere, senza includere tutta la propaganda gender nella stessa logica. Non si capisce perché, insomma, non si debba diffidare, come di un ulteriore passaggio politico, anche di tutto il movimento culturale che vuole moltiplicare il numero dei generi sessuali. Se vogliamo accettare, per fare un esempio diverso, che esista una lobby scientifica creazionista da guardare con sospetto, non si capisce perché non si debba riconoscere l’esistenza di un’altra lobby scientifica evoluzionista che in modo altrettanto acritico persegua le sue logiche di potere.
Il messaggio di Cristo è stato un messaggio di liberazione anche di genere. Ha liberato le donne dall’angusta prigione della loro sessualità impura, ha addirittura dato dignità agli eunuchi. Non c’è niente di tanto rivoluzionario, da un punto di vista prettamente cristiano, di una liberazione dell’individuo da ogni forma di incasellamento in tipi e specie funzionali questo o quel potere. Ogni individuo è di fronte a Dio con la propria unicità, non per essere giudicato, né condannato, men che mai per i suoi gesti, men che mai per i suoi atti sessuali. Non esistono davanti a Dio peccati di serie A (tra cui l’omosessualità) e peccati di serie B. Nessun uomo, nessun cristiano è abbastanza puro dal peccato per poter scagliare la pietra del giudizio contro un suo simile.

Daniele Mangiola (DiRS-GBU)