domenica 2 novembre 2014

Quando anche gli atei hanno dei dubbi



T. Nagel Mind and Cosmos. Why the Neo-Darwinian Conception of Nature Is Almost Certainly False, Oxford University Press, 2014.


Sul dibattito e sulla questione del rapporto tra scienza e fede e sulle conclusioni che alcuni naturalisti neo-darwiniani traggono dalla teoria dell’evoluzione si è parlato già molto in questa rubrica, sempre scrivendo o su quanto affermavano gli atei (abbiamo parlato di Dawkins, Odifreddi, di quanto scritto in Italia dai collaboratori dalla rivista Micromega), sia dal punto di vista dei credenti (McGrath e altri). Non abbiamo mai accennato, invece, che il riduzionismo naturalistico, pacificamente accettato da Dawkins e i suoi discepoli (Odifreddi e Pievani in Italia) non sempre ottiene lo stesso successo nel campo filosofico da parte di coloro che non sono credenti. Lasciando da parte le considerazioni di Stephen J. Gould in merito all’applicazione filosofica del neo-darwinismo fatta da Dawkins o di quanto affermato da studiosi e scienziati come Piatelli Palmarini e Fodor ne Gli errori di Darwin, vogliamo soffermarci invece, su un saggio più propriamente filoosofico scritto un paio di anni fa dal filosofo analitico Thomas Nagel e che si intitola Mind and Cosmos. Why the Neo-Darwinian Conception of Nature Is Almost Certainly False (Mente e Cosmo: perché la concezione neodarwiniana della natura è quasi sicuramente falsa), pubblicato dalla Oxford University Press.

Nagel, filosofo che normalmentre si occupa di filosofia morale e politica, ha voluto entrare con questo testo nel campo della metafisica (dove in realtà si era già cimentato parlando del nesso corpo-mente), valutando il “sistema filosofico” (tale deve essere considerato dei neo-darwiniani - la distinzione che Nagel fa tra loro e lo stesso Darwin è la stessa che viene effettuata, per esempio da Alistair McGrath in Dio e l’evoluzione) sulla base di alcune questioni che si ritengono fondamentali e che, a parere del pensatore americano, mettono in crisi tale visione del mondo. Dopo aver introdotto il testo affermando che il darwinismo non può essere considerato una filosofia, ma una teoria scientifica, e ribadito che, rispetto alla questione del divino lui si schiera dalla parte degli agnostici e che il metodo naturalista proposto dai neo-darwiniani non coglie tutta la realtà ed ha alcune fallacie di tipo logico, in quattro capitoli scritti con il tipico rigore dei filosofi analitici (le note sono veramente poche nel testo perché il tentativo è di dire tutto in una maniera chiara e inattaccabile) affronta quattro diversi argomenti: la questione del rapporto tra riduzionismo e ordine naturale, il problema dell’esistenza di una coscienza che trascenda il dato meramente materiale, la conoscenza ed il valore delle azioni morali.

Il testo parte giustamente dal caposaldo dei neo-darwiniani: l’idea che tutto quanto accade possa essere spiegato (se non adesso, in un futuro piuttosto indefinito) dall’ordine naturale e da come si è sviluppata la natura durante il processo evolutivo. Nagel, pur affermando di credere che ci sia stato un progresso evolutivo, ritiene che tutto questo non possa spiegare pienamente cosa accade nella natura ed afferma che risulta piuttosto difficile ed arduo e che talvolta, per ipotizzare una spiegazione ci si affida troppo al caso ed alla questione dell’adattamento. Il filosofo cerca anche di mostrare come le leggi della fisica (anche nel campo quantistico) seguano un ordine diverso da quello implicito nell’ordine neo-evoluzionistico e che, proprio per questo motivo, non possiamo parlare di un preciso, attendibile e vero ordine della natura seguendo il dettato neo-evoluzionista.

Le obiezioni dello studioso americano diventano ancora più pressanti nei capitoli successivi. Quando inizia a parlare della coscienza, si oppone in maniera chiara all’idea che mente e cervello possano essere perfettamente coincidenti, ritenendo che i processi decisionali presenti nella nostra coscienza (ritorna all’uso tradizionale di questo termine quasi riprendendo il ruolo che la coscienza aveva in Hegel, ma tenendo ben presente quanto affermavano Popper ed Eccles negli anni 1970) non possano essere spiegati con semplici impulsi elettrici provenienti dai nostri impianti neuronali, ma che ci sia una sorta di trascendenza dell’essere umano e del suo sviluppo. 

Anche la volontà di conoscere, di ampliare i propri orizzonti culturali non può essere vista come un semplice fatto adattativo spinto da circostanze naturali e puramente casuali. La conoscenza è un procedimento complesso che ha a che fare con diversi fattori che non possono essere spiegati solo dalle scelte più vantaggiose e che portano ad azioni che a lungo andare possono essere viste come interessate, ma talvolta vi sono maniere di conoscere apparentemente disinteressate.

Proprio per questo motivo, Nagel ritiene che anche l’azione morale travalichi le costatazioni del neo-darwinismo. In una logica riduzionista a cosa servirebbero le azioni disinteressante, quelle che vengono fatte a prescindere dai meri calcoli utilitaristici. Il filosofo non arriva a negare la possibilità di una morale basata su assunti neo-darwiniani, ma pensa che una tale morale non porterebbe gli uomini a comportarsi in maniera tale da agire in maniera efficace nel mondo.
Questi gli argomenti portati avanti da Nagel. Cosa dire del testo? Il libro (non tradotto in Italia, dove sembra che avere un parere diverso dai neo-darwiniani nel campo laico sia diventato “fuori moda”) porta avanti argomenti che, a nostro parere, sono efficaci da un punto di vista filosofico e mostrano che il neo-darwinismo, oltre che da un punto di vista teologico può essere attaccato anche da un punto di vista fiosofico, mostrandone le sue debolezze. L’approccio di Nagel è inoltre interessante perché non si tratta di un filosofo “scettico” sulle possibilità che vengono date dalla conoscenza scientifica, ma che crede fortemente che la scienza possa dare un orizzonte di senso. Per questi motivi quindi riteniamo quello di Nagel uno dei migliori saggi scritti sull’argomento affiancabile a quanto Alvin Plantinga (da un punto vista teistico) ha affermato in Where the Conflict Really Lies,              

 (Valerio Bernardi - DIRS GBU)

Nessun commento:

Posta un commento