domenica 29 marzo 2015

Zizek parla di Islam

L’Islam visto da Zizek

Se qualcuno mi chiedesse chi sia oggi il maggiore filosofo vivente avrei dei dubbi a dare una risposta certa (è tipico dei filosofi). Se, però, mi chiedessero chi sia il filosofo più pop oggi non avrei alcun dubbio nella risposta e direi Slavoj Zizek. Zizek è probabilmente il pensatore più conosciuto al mondo, quello più presente nei dibattiti televisivi, nei giornali e nei social media (provate a cliccare il suo nome su youtube, ad es.). Irriverente, politcamente scorretto (continua, tra l’altro, a definirsi “comunista” pur ammettendo che Hegel è più grande di Marx), forse talvolta sin troppo provocatorio, rimane comunque, nonostante la onnipervasività delle sue posizioni ed una facilità di scrittura eccessiva, un grande pensatore.
Il libriccino pubblicato da Ponte delle Grazie intitolato L’Islam e la modernità. Riflessioni blasfeme,  si presenta come un vero e proprio pamphlet composto di due capitoli, l’uno derivante dalle riflessioni che il pensatore sloveno ha fatto dopo l’attentato in Francia alla redazione della rivista Charlie Hebdo, l’altro, di qualche anno addietro, frutto di una riflessione su ciò che è chiamato l’archivio dell’Islam, usando una tipica espressione lacaniana, dove la parola archivio designa ciò che è depositato nella nostra psiche e che forma gli archetipi del nostro comportamento.
Il primo testo, frutto di un ampliamento di un articolo che Zizek ha pubblicato sul Guardian, invita le persone a pensare anche a caldo rispetto ad un avvenimento di pochi giorni. Per il filosofo solo il pensiero ci permette di superare lo sgomento. Zizek nell’articolo vuole dimostrare tre cose: in primis, che gli islamici che hanno fatto l’attentato alla redazione francese non sono fondamentalisti; in secondo luogo, non sono dei barbari medioevali; in terzo luogo, hanno paura di ciò che rappresenta l’Occidente.
Per Zizek, infatti, il fondamentalismo è quello degli Amish, ovvero di coloro che rimangono ancorati alle loro tradizioni e che vogliono vivere isolati dal resto del mondo. Gli attentatori di Parigi, invece, vogliono convertire il mondo e vogliono reagire ad esso. Non si tratta di persone immerse nel Medio Evo, perché gli attuali fondamentalisti islamici usano tutti i mezzi moderni di comunicazione ed amano la modernità: vivono come in un perenne videogame dove sparare è diventata una cosa naturale.
Il secondo capitolo è di più difficile lettura ed è frutto di alcune riflessioni che il pensatore sloveno aveva fatto qualche anno addietro. Usando le tecniche psicoanalitiche di stampo lacaniano, si cerca di descrivere le caratteristiche tipiche della religione islamica e ciò che la rende differente dalle altre religioni monoteiste. Per Zizek l’Islam è la religione dell’abbandono anziché dell’accoglienza, come abbandonati e rigettati sono stati Agar e Ismaele, frutto non della volontà divina, ma della volontà dell’uomo. Riprendendo il racconto biblico della Genesi si vuole mostrare come già l’archetipo fondativo sia generatore d’ansia. Accanto a ciò, si fa notare come il dubbio sulla formazione della nuova Parola di Dio (il Corano) sia sempre presente il dubbio della tentazione diabolica e dell’entrata del male, cui l’uomo non ha nessuna capacità di reagire. Il rapporto Dio-uomo, quindi, risulta diverso tra Ebraismo e Cristianesimo da una parte e Islamismo dall’altra, dove il Dio appare molto più impersonale e distaccato. Queste caratteristiche, a parere, del filosofo sloveno, rendono l’Islam una religione più ansiogena rispetto alle altre due e che, per questo motivo, rischia di generare fenomeni come quelli avvenuti negli ultimi decenni.
La lettura di Zizek, come sempre, risulta interessante e provocatoria. Egli, infatti, ritiene che gli attentatori di Parigi siano fortemente attratti, come tutti, dai “valori” e dagli apparenti benefits dell’Occidente. La ferocia con cui si abbattono nei confronti di certe manifestazioni sono più sintomo di questa attrazione/repulsione che di un respingimento integrale. Il problema, quindi, sarebbe intrinseco alla stessa religione ed al suo ambiguo rapporto (oggi, non ieri) con il mondo capitalistico e con le sue possibilità. Ecco perché per rispondere ci vuole una filosofia radicale ed un’alternativa realistica all’odierna società neoliberale.
La lettura va consigliata proprio per la visione “eccentrica” di Zizek che non si preoccupa del politically correct. Alcune sue analisi sulla religione rimangono discutibili, fatte da una prospettiva atea ma rispettosa del fatto religioso.

                                                                                  Valerio Bernardi - DIRS GBU                     


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